Il quadro delineato nel Documento oggi all’esame del Parlamento è certamente ispirato a principi di prudenza.
Sia l’intelaiatura macroeconomica che quella di finanza pubblica disegnano per il prossimo triennio un profilo che, pur considerando le incertezze che ancora caratterizzano il panorama internazionale, appare per molti versi equilibrato.
Rassicuranti nell’analisi dei conti sono le stime che confermano il mantenimento del debito pubblico su un sentiero di seppur graduale riduzione; è positivo che la dinamica della spesa primaria “nazionale” prevista (complessiva e corrente) presenti variazioni inferiori al Pil potenziale rispettando, anche da questo punto di vista, quanto richiesto in ambito comunitario, alla vigilia della definizione delle nuove regole della governance europea.
Il DEF 2023 contiene, tuttavia, anche una chiara rappresentazione delle aree di intervento da affrontare con priorità.
Un primo gruppo di misure, su cui sarà necessario operare in tempi ravvicinati, sono quelle volte a riprodurre uno scenario a “politiche invariate”.
Rilevano in questo ambito innanzitutto le risorse per il pubblico impiego.
In attesa dei fondi per il rinnovo dei contratti scaduti nel 2021, a fine anno si esaurisce l’una tantum da un miliardo (più 800 milioni negli enti locali e in sanità) che, per il solo 2023, ha offerto un aumento lineardell’1,5 per cento agli stipendi nella PA.
A fronte delle elevate stime previste per il recupero dell’inflazione e del persistere della dinamica dei prezzi core oltre le attese, appare difficile non revederne l’estensione, anche in chiave più intensa.
Risorse saranno necessarie per la conferma delle misure di riduzione del cuneo introdotte dal governo Draghi e riproposte nella legge di bilancio per il 2023, di cui il DEF prefigura un ampliamento entro i margini individuati grazie al miglioramento del quadro tendenziale;
ciò richiederà l’individuazione di adeguate coperture già nel prossimo anno. Se poi l’emergenza energetica non dovesse essere superata, si riproporrebbero, pur con le riforma, quell’impulso in grado di rendere compatibile l’attuazione degli interventi con il mantenimento del Paese su un percorso di stabilità e crescita.
caratteristiche sempre più selettive delineate nel Documento, fabbisogni per le fasce sociali ed economiche più deboli, per ora finanziati per il solo 2023.
A tali misure andranno ad aggiungersi i rifinanziamenti di interventi in conto capitale, la cuiquantificazione è riservata annualmente alla legge di bilancio.
Di peso sono anche gli interventi di manutenzione straordinaria di importanti segmenti del sistema di welfare, ciò anche senza avviare riforme o estendere le prestazioni rese.
È il caso della sanità, dove criticità ormai evidenti richiederanno interventi strutturali di portata ben superiore a quelli introdotti con il d.l. 34. In questo ambito, il riassorbimento dei ritardi dovuti alla pandemia si presenta più oneroso e l’aggiornamento dei LEA non è più rinviabile. Ma anche della previdenza su cui pende, al di là di più ampi progetti di riforma, la conferma del regime attuale che comporterebbe comunque un intervento consistente.
Un impatto ben maggiore potrebbero avere progetti più ampi, quali quelli già in campo (delega fiscale) o presenti nel dibattito politico (superamento della legge Fornero).
A fronte di un tale quadro, il DEF 2023 non offre nell’immediato una pur generale indicazione sulle scelte che dovrebbero accompagnare il processo delineato. Al di là di un riferimento ai risparmi derivanti dalla spending review, non si forniscono elementi su come il Governo intenda procedere per rimanere all’interno del quadro delle compatibilità di bilancio.
Il compito viene, in certa misura, rinviato alla NaDEF e alla legge di bilancio che si annunciano pertanto particolarmente impegnative.