Negli ultimi anni l’evoluzione delle organizzazioni sanitarie verso sistemi caratterizzati da una sempre maggiore complessità non solo operativa, ma anche organizzativo-gestionale, ha comportato la necessità di sviluppare e potenziare le funzioni di coordinamento delle risorse umane per assicurare al cittadino una risposta sempre più efficace. Parallelamente, la tendenza alla crescita delle aspettative dei cittadini nei confronti di prestazioni assistenziali appropriate e qualitativamente idonee a soddisfare bisogni in continuo aumento, ha portato le organizzazioni sanitarie a sviluppare modelli operativi integrati, che consentano una stretta collaborazione e sinergia tra tutti gli attori pubblici e privati che operano nel mondo della sanità.
Ad oggi, non risulta ancora individuato un modello volto a definire, in termini di efficacia, il fabbisogno di personale sanitario a livello di Paese, mentre esistono poche e frammentarie evidenze statistiche circa i fabbisogni di personale a livello locale, oggetto di pressanti norme statali. Inoltre, anche per quanto riguarda il personale dedicato ai servizi territoriali, sono quasi assenti evidenze di letteratura sulla definizione dei fabbisogni.
Infatti, da una revisione della letteratura degli attuali modelli di definizione del fabbisogno del personale in ambito sanitario, emerge che non esiste un modello da considerare quale gold standard tra i quattro modelli censiti, elaborati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1998 e ripresi nel 2010 e nel 2016 (Workload indicators of staffing need WISN), dalla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico OCSE nel 2013 (Health workforce requirements for universal health coverage and the sustainable development goals human resources for health observer) e dalla Unione Europea nel 2014 (User guidelines on qualitative methods in health workforce planning and forecasting).
L’importanza di dotarsi e condividere degli standard di personale appartenente al ramo dei professionisti della salute è confermata, inoltre, da diversi studi pubblicati soprattutto negli ultimi due anni. Medici e infermieri sono infatti le figure di professionisti maggiormente interessati dal calcolo di standard minimi di servizio (che indica un valore necessario per garantire prestazioni sicure, di qualità, che permetta il funzionamento dell’unità operativa che diviene in grado di erogare le prestazioni richieste dall’utenza). Il valore viene di frequente rappresentato dal full-time equivalent (FTE) o equivalente a tempo pieno, un indice di misurazione delle ore di lavoro programmate, per ogni dipendente a tempo pieno, per settimana lavorativa.
Nel nostro Paese, in attuazione di diverse normative emanate in materia (D. Lgs. 66/2003, Direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, Legge di Stabilità per l’anno 2016, DM 70/2015), il Ministero della Salute ha istituito un gruppo di lavoro tecnico, unitamente alla Conferenza Stato-Regioni ed al Ministero dell’Economia e delle Finanze, per l’elaborazione di una metodologia di valutazione dei piani di fabbisogno del personale, applicabile a tutte le Regioni. La stessa è stata approvata dalla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, in data 20.12.2017 e il fabbisogno di personale è stato stimato sulla base di tre fattori: 1) organizzazione della rete di offerta, 2) produzione e 3) tempo lavoro. In seguito, il Patto per la salute 2019-2021 ha stabilito che “al fine di dare attuazione a quanto previsto dall’ultimo periodo dell’articolo 11 comma 1 del decreto legge n. 35/2019 il Ministero della salute, previa informativa sindacale, propone la metodologia per la valutazione del fabbisogno del personale ospedaliero già approvata e testata con le regioni ed avvia, altresì, il processo di valutazione della metodologia del fabbisogno del personale dei servizi assistenziali territoriali”. Tale tema viene ripreso in maniera centrale dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) approvato il 13 luglio 2021 con Decisione di esecuzione del Consiglio dell’Unione Europea (Fascicolo interistituzionale: 2021/0168 NLE). Si tratta, pertanto, di un tema fondamentale, anche alla luce dell’attuale fase pandemica, che ha ulteriormente accentuato la necessità di potenziare il personale sanitario in tutto il Paese, richiedendo così un quadro comune di riferimenti organizzativi da adattare ai singoli contesti.
In tale contesto, Agenas ha condotto il progetto di ricerca “Definizione di una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale”, nell’ambito della ricerca corrente 2020-2021 “linea di ricerca n. 1: analisi e misurazione degli esiti di salute per valutare percorsi di cure integrate all’interno di reti cliniche e i fattori di mobilità sanitaria e per identificare modelli sanitari basati sul valore (Value-based health care)”. Il progetto è partito nel mese di marzo 2021 ed è stato articolato in 3 linee di attività che hanno riguardato i tre macro ambiti sanitari: ospedale, territorio e dipartimento di prevenzione.
L’articolo “Gli infermieri di famiglia in Italia: indagine esplorativa” è il risultato dell’attività sviluppata nell’ambito territoriale volta a descrivere numeri, funzioni e situazione lavorativa dell’IFeC in Italia. Dall’indagine, a cui ha aderito il 63% delle 14 regioni coinvolte, emerge che nel 68% delle Aziende sono presenti IFeC (da 2 a 350 per azienda) con un rapporto mediano IFeC/abitanti dai circa 1/16.000 (IQR 10.000-40.000). Inoltre sono stati selezionati infermieri con esperienza lavorativa di almeno 2 anni (di territorio o area medica) e risulta che tutti hanno frequentato o stanno frequentando un corso di formazione (universitario, regionale – 40% delle Aziende – o aziendale). Nella quasi totalità delle Aziende gli IFeC dipendono gerarchicamente dalla Direzione infermieristica o dal Coordinatore infermieristico, funzionalmente invece dal Coordinatore Infermieristico e dal Direttore medico di Distretto. Gli IFeC lavorano tutti in team multidisciplinari.