La rete di protezione è di fondamentale importanza per le donne vittime di violenza: prima di iniziare il percorso di uscita dalla violenza, il 40% delle donne si è rivolta ai parenti per cercare aiuto, il 30% alle forze dell’ordine, il 19,3% ha fatto ricorso al pronto soccorso e all’ospedale. Si ricorre al pronto soccorso/ospedale più di frequente in Lombardia, Basilicata e Umbria.

Le forze dell’ordine e i servizi sociali e sanitari hanno un importante ruolo nell’orientare le donne verso i CAV. Il 26,8% delle donne si reca ai CAV autonomamente e il 17,5% con l’aiuto di parenti e amici, ma il 32,7% è guidato dagli operatori sul territorio (forze dell’ordine, servizi sociali e presidi della salute). Le differenze regionali sono marcate.

La formazione è di centrale importanza: i CAV non soltanto sono luoghi di protezione per le donne, le cui operatrici che vi lavorano ricevono una formazione annuale (quasi nel 90% dei casi), ma si fanno carico di formare anche altre figure professionali all’esterno del CAV (71% dei casi).

Quasi tutti i CAV si occupano di prevenzione sul territorio conducendo attività di vario tipo, fra le quali iniziative nelle scuole (nell’85,7% dei CAV).

Anche tramite il numero 1522 spesso le donne sono indirizzate verso i CAV e le Case rifugio: specificatamente, il 73,5% delle donne vittime di violenza è indirizzato ad un servizio territoriale di supporto. Di queste, il 94,4% è stato inviato a un CAV, il 2,4% alle forze dell’ordine e l’1,1% alle Case rifugio. Compito del 1522 è , infatti, anche quello di segnalare casi di urgenza.

Sono 373 i Centri antiviolenza e 431 le Case rifugio, un dato in aumento rispetto agli anni precedenti, così come è in aumento la loro utenza.

34.500 donne si rivolgono ai CAV, 21.252 di queste ha figli (61,6% del totale).

Su un totale di 15.248 figli minorenni, la percentuale di quelli che hanno assistito alla violenza del padre sulla madre è pari al 72,2% e il 19,7% la hanno anche subita.

Nei CAV operano 5.416 figure professionali e 3.219 nelle Case rifugio. La maggior parte del personale delle Case rifugio è retribuito. Tante sono le figure professionali che vi operano, dalle operatrici, alle educatrici, alle psicologhe ed avvocate; sono di meno le mediatrici.

I finanziamenti di CAV e Case rifugio sono soprattutto pubblici; alcuni CAV hanno anche altre fonti di finanziamento grazie alle quali riescono a garantire maggiori servizi e numeri superiori di accoglienza.

Uscite ed entrate sono simili, ma non sono poche le realtà che faticano a sostenersi, presentando bilanci negativi, soprattutto i CAV e le Case che spesso dispongono di entrate scarse (fino a 10mila euro).

Importanti le differenze territoriali delle disponibilità finanziarie. I CAV del Nord-est hanno più fondi; tra le Case rifugio, sono, invece, quelle delle Isole e del Centro ad avere più fondi.

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Di Remo12

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