Test di medicina: pronta la banca dati con i primi 3.500 quesiti

Con l’articolo 41 del disegno di legge il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato viene aumentato di 3 miliardi per il 2024, 4 miliardi per il 2025 e 4,2 miliardi a decorrere dall’anno 2026. Un incremento che è volto a finanziare principalmente il rinnovo dei contratti per il personale del settore, ma anche diversi altri interventi minori. Si tratta dell’incremento delle tariffe orarie previste per far fronte alle carenze di personale in alcuni comparti, di quello delle misure per il riassorbimento delle liste d’attesa, della rideterminazione dei tetti della spesa farmaceutica, delle modifiche alle modalità di distribuzione dei medicinali, dell’aggiornamento del tetto di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie da privati, del finanziamento dell’aggiornamento dei LEA e di ulteriori misure in materia di potenziamento del servizio sanitario nazionale e dell’assistenza territoriale

Il rifinanziamento proposto fa crescere l’importo del fabbisogno sanitario nazionale cui contribuisce lo Stato a 134 miliardi. Ben al di sopra dei 129 miliardi del 2023, anno in cui, tuttavia, ha inciso anche il finanziamento pari a 1.085 milioni destinato dal d.l. 34/2023 a ridurre l’incidenza del payback sui dispositivi medici a carico delle aziende produttrici. Nel 2025 il finanziamento si colloca ora a 135,4 miliardi, in aumento di un ulteriore 1 per cento (Tavola 7). Due aspetti vanno poi rilevati. Nonostante l’aumento previsto dal d.d.l. di bilancio, il fabbisogno sanitario a cui concorre lo Stato si conferma in rapporto al prodotto in graduale ma netta flessione: nel triennio di previsione si riduce di tre decimi di punto (dal 6,3 del 2023 al 6 per cento a fine periodo). Inoltre, dei nuovi fondi 2,4 miliardi sono destinati al rinnovo dei contratti per il personale, mentre circa 500 milioni nel 2024 (che crescono a 1,5 miliardi nel 2025) sono “vincolati” a specifici interventi. Risultano pertanto pressocché nulli i margini disponibili per adeguare la spesa ai fabbisogni crescenti, legati innanzitutto alla crescita dei prezzi delle altre voci di costo del settore. Si deve considerare, infatti, che già nell’anno in corso la tenuta dei conti del settore è stata soggetta ad una crescita della spesa particolarmente significativa: un aumento del 3 per cento, trainato soprattutto dagli acquisti di beni (+7,5 per cento), dalla specialistica (+5,2 per cento) e dai servizi appaltati (+5,6 per cento).

Considerando l’impatto delle misure, al lordo degli effetti indotti, la spesa sanitaria nel 2024, in termini di contabilità economica, cresce di 1,2 miliardi rispetto all’anno precedente (135,9 miliardi rispetto ai 134,7 miliardi del 2023). Per il triennio 2024-2026 si attenua il profilo discendente disegnato con il DEF 2023 prima e con la NaDEF poi: la spesa è attesa crescere del 3,5 nel 2025 e dell’1,8 per cento nell’anno terminale. Il rapporto fra la spesa sanitaria e Pil si mantiene al 6,4 per cento nel prossimo biennio (due decimi di punto inferiori al 2023) per flettere di un decimo nel 2026 (Tavola 8).

Il quadro che emerge si conferma quindi stringente. Si tratta di una condizione che richiederà scelte gestionali non facili in termini di allocazione delle risorse tra i diversi obiettivi e un attento esame della qualità della spesa. Ciò rende necessario un riesame dell’efficacia di tutti gli strumenti per la razionalizzazione della spesa messi in campo negli ultimi anni a cui non sempre si sono accompagnati effetti positivi. 22. Per far fronte alla carenza di personale si proroga a fine 2026 l’autorizzazione agli incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive di cui all’articolo 115, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro dell’Area sanità, già disposte dal d.l. 34/2023 per quanto riguarda il settore dell’emergenza urgenza e ora estese a tutti i comparti, confermando gli importi per il personale medico (100 euro) ed incrementando quelle del personale del comparto fino a 60 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell’Amministrazione. A tale finalità sono destinati 280 milioni annui per il prossimo triennio, a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard. Si rafforza poi il monitoraggio sull’attività intramoenia, prevedendo che l’Organismo Paritetico regionale istituito a seguito dell’adozione del Piano per il riassorbimento delle liste d’attesa presenti una relazione semestrale sullo svolgimento di tale attività al Comitato LEA, da prendere in considerazione nell’ambito della valutazione degli adempimenti relativi alle liste di attesa. Per garantire la completa attuazione dei propri Piani operativi per il recupero delle liste d’attesa, si autorizzano le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ad avvalersi nel 2024 anche delle strutture private accreditate, superando i limiti posti dal d.l. 95/2021 ma entro lo 0,4 per cento del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno 2024. Anche per questa finalità, il tetto di spesa per acquisti di prestazioni è stabilito per il 2024 pari all’importo del 2011 incrementato dell’1 per cento. Nel 2025 è previsto un ulteriore incremento, rispettivamente del 3 e del 4 per cento. La scelta assunta con il disegno di legge spinge a due riflessioni. La conferma del ricorso alle prestazioni aggiuntive previste dal contratto nazionale ha avuto ormai una prima applicazione in un arco temporale non breve. Disporre di primi dati sul ricorso a tale modalità di intervento e alla sua estensione potrebbe aiutare a comprenderne l’efficacia e le potenzialità. Un secondo elemento di riflessione è desumibile dalla dinamica crescente dell’attività intramoenia (Tavola 9). I dati relativi al primo semestre 2023 (a confronto con lo stesso periodo del 2022) segnano andamenti significativi: a livello complessivo le uscite per intramoenia crescono di oltre il 12 per cento, come conseguenza di un aumento superiore al 13 per cento della specialistica e del 9,3 per cento dell’ospedaliera. Un risultato che rafforza quello registrato a fine 2022. Il fenomeno non può essere letto solo (da un punto di vista patologico) sotto il profilo dei vincoli da porre ad un suo esercizio, in presenza di liste d’attesa ancora da riassorbire. Esso rappresenta anche l’espressione di come, alla ricerca di una integrazione del reddito, si accompagni una gestione del tempo eccedente l’orario di lavoro e una prospettiva professionale che non trova corrispondenza nelle occasioni offerte da prestazioni aggiuntive. Un segnale di un orientamento (e di una sofferenza) del personale sanitario di cui è necessario tener conto.

Le misure finora assunte non sembrano in grado di rispondere strutturalmente alle difficoltà che caratterizzano ormai in maniera diffusa tutte le strutture pubbliche. Oltre a quanto avviene nel settore dell’emergenza e urgenza, infatti, si accentuano i problemi legati ai pensionamenti, all’aumento dei casi di “fuga dal pubblico” ma anche di ricerca di opportunità di lavoro all’estero, legata a condizioni economiche più vantaggiose. La crisi di personale è resa oggi più difficile anche dal fatto che fabbisogni crescenti caratterizzano anche gli altri paesi europei, sottoponendo il nostro ad una forte pressione competitiva e restringendo i margini per il ricorso a personale straniero. La rilevazione OCSE relativa al 2021 indica un flusso in uscita dal nostro paese superiore al migliaio di unità in media annua. Si tratta di trasferimenti soprattutto in direzione di tre nazioni (Gran Bretagna, Germania e Svizzera).

Le pur consistenti differenze di retribuzione (in parità del potere di acquisto) non appaiono essere l’unica ragione di un fenomeno più complesso, per affrontare il quale devono essere trovati nuovi punti di equilibrio tra le necessità del servizio pubblico e le legittime aspettative dei professionisti. Per incidere sul mantenimento del personale nell’area pubblica è necessario, infatti, garantire remunerazioni più adeguate, ma anche migliorare le condizioni di lavoro, riducendo i carichi in molti casi oggi eccessivi, offrire modalità di lavoro flessibili, fornire attrezzature adeguate. Non aiutano poi allo scopo l’allungamento dei tempi per il rinnovo dei contratti (su cui la disponibile oggi di risorse specificamente destinate potrebbe incidere positivamente), il discontinuo operare dei concorsi, i vincoli posti all’attività professionale. 23. Sul fronte della farmaceutica si interviene sia sui tetti alla spesa, che sul meccanismo di remunerazione delle farmacie. Nel primo caso crescono le percentuali di quella per l’assistenza diretta e flettono quelle per la convenzionata; nel secondo l’aggiornamento degli importi (fissi e variabili) riconosciuti per farmaco si accompagna alla previsione di specifiche maggiorazioni e alla eliminazione degli sconti. Con l’articolo 44, in particolare, si modificano i tetti della spesa farmaceutica. Per l’anno 2024 il limite per gli acquisti diretti è rideterminato nella misura del 8,5 per cento (rispetto al 7,65 per cento del 2023 e all’8,3 previsto a legislazione vigente), mentre quello per la farmaceutica convenzionata si riduce dal 7 al 6,8 per cento. La modifica, se amplia i margini di spesa per gli acquisti diretti, incide anche sulla dimensione degli sfondamenti e, per questa via, sul contributo richiesto alle imprese farmaceutiche per il payback (pari al 50 per cento della spesa eccedente il limite in tutti e due i casi). Due elementi possono aiutare a comprendere l’entità della modifica. Guardando ai risultati dei primi 6 mesi del 2023 (quelli al momento disponibili) proiettati ad anno, con le nuove soglie 8 Regioni supererebbero il tetto del 6,8 per cento previsto per la convenzionata (di 130,4 milioni) mentre il dato nazionale sarebbe ancora inferiore al limite previsto (Tavola 10). Diverso l’andamento nel caso degli acquisti diretti. Pur confermandosi in tutte le regioni un livello di spesa al di sopra del limite, lo scostamento complessivo, con il passaggio al tetto dell’8,5 per cento rispetto all’8,3 per cento del fabbisogno sanitario standard si riduce di 255 milioni, da 3,4 a circa 3,1 miliardi, (da 4,2 a 3,1 miliardi rispetto al tetto al 7,65) con un conseguente ridimensionamento del payback.

A meno di non ipotizzare una riduzione degli acquisti diretti, il nuovo tetto alla spesa comporterebbe un costo aggiuntivo significativo. Le maggiori risorse attribuite al SSN devono compensare, quindi a parità di consumi, anche tale minor apporto richiesto alle aziende farmaceutiche. Come già osservato, se il ricorso a tetti di spesa ha prodotto anche nel recente passato distorsioni e conseguenze negative sulle scelte degli operatori, nonché un prolungato contenzioso, la conferma dei trend di spesa e il permanere di forti differenze nei consumi tra regioni e aree richiedono una attenta valutazione degli effetti associati alla norma, anche sotto il profilo delle entrate nette regionali, e spingono ad una riconsiderazione complessiva del meccanismo. Particolare rilievo, nel processo di revisione del sistema, assume, poi, il riassorbimento del contenzioso e il monitoraggio del rispetto degli obblighi di copertura degli importi dovuti dalle aziende farmaceutiche e da quelle di dispositivi medici che continuano a presentare “sfondamenti” di rilievo.

Sotto questo profilo è importante sottolineare l’importanza di condizionare l’aggiornamento dei tetti all’integrale pagamento, da parte delle aziende farmaceutiche, degli oneri per il ripiano degli sfondamenti degli esercizi passati. 24. L’articolo 45 introduce una modifica delle modalità di distribuzione dei medicinali, confermando la particolare attenzione riservata negli ultimi anni al sistema delle farmacie. Una attenzione che aveva portato con la legge di bilancio per il 2018 al finanziamento di una sperimentazione di servizi delle farmacie in 9 Regioni. La legge di bilancio 2020 aveva prorogato al biennio 2021-2022 la sperimentazione, estendendola a tutte le Regioni a statuto ordinario, grazie a un finanziamento di 50,6 milioni. A giugno 2022 erano ancora incerti i risultati della sperimentazione prevista per le farmacie di comunità. Sempre nell’ambito del rafforzamento dei servizi territoriali il d.l. 137/2020 aveva previsto un credito di imposta per l’acquisto di apparecchiature da utilizzare nelle farmacie operanti in Comuni con meno di 3.000 abitanti. Solo il 15 dicembre 2021 era stato pubblicato il decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF che specificava i “Criteri e modalità di attribuzione del contributo, sotto forma di credito d’imposta, in favore delle farmacie per favorire l’accesso a prestazioni di telemedicina da parte dei cittadini dei piccoli centri urbani, nel rispetto del limite di spesa previsto per l’anno 2021”. Più di recente la legge di bilancio per il 2023 aveva previsto una remunerazione aggiuntiva al fine di salvaguardare la rete di prossimità rappresentata dalle farmacie italiane, riconoscendone il ruolo di centri sociosanitari polifunzionali a servizio delle comunità (le farmacie sono poco meno di 20.000 e servono in media circa 3000 residenti). La pandemia, pur rallentando il processo di sperimentazione avviato con la legge di bilancio del 2018, ha visto l’ampliamento e la diffusione dell’area dei servizi offerti: le farmacie hanno potuto erogare in regime convenzionato nuovi servizi strategici come i tamponi e, soprattutto, le vaccinazioni; finita la fase emergenziale, si stanno ampliando i servizi forniti con prezzi competitivi e tempi di attesa limitati. Sviluppi dell’assistenza territoriale che dovranno trovare un raccordo con le reti assistenziali previste dal PNRR. La relazione tecnica fa riferimento ad una valutazione condotta dal Ministero della salute con l’ausilio di AIFA, di cui non sono noti i dettagli. Il nuovo sistema di remunerazione prevede la corresponsione per ciascuna confezione venduta di una quota percentuale (il 6 per cento del prezzo) e di una quota fissa che varia in relazione al prezzo. Ad esse si aggiungono ulteriori quote nel caso di vendite di farmaci inseriti nelle liste di trasparenza e/o in funzione del fatturato registrato verso il SSN. Al contempo sono soppressi gli sconti previsti finora a carico delle farmacie, che nel 2022 avevano consentito di abbattere il costo per il sistema sanitario di circa 540 milioni. L’incremento dei margini per le farmacie aumenterebbe, secondo la relazione tecnica, di 227 milioni, quindi in misura inferiore all’importo stesso degli sconti finora corrisposti. Se ne desume che il nuovo sistema vede ridursi l’importo medio finora corrisposto per confezione. Al netto poi della remunerazione aggiuntiva prevista dalla legge 197/2022, la maggiore spesa a carico del SSN è stimata in 77 milioni annui (53 milioni per il 2024). 25. Di rilievo finanziario soprattutto a partire dal 2025, ma certamente fondamentali per le prospettive dell’assistenza, sono infine le misure previste per il finanziamento dell’aggiornamento dei LEA, delle cure palliative e, soprattutto, volte a potenziare la riforma dell’assistenza territoriale. Da una rapida attuazione di tale riforma dipende infatti non solo un miglioramento delle cure di prossimità, ma anche un effetto positivo in grado di estendersi all’intero sistema sanitario. Sarebbe per questa via possibile muovere, infatti, verso un più appropriato utilizzo delle diverse strutture, “decongestionando” quelle ospedaliere, in particolare quelle di emergenza-urgenza. Una attuazione per cui risultano determinanti, oltre al coinvolgimento dei medici di medicina generale, adeguati reclutamenti di personale a cui la legge di bilancio destina ulteriori risorse.

In conclusione, entro i margini di manovra molto ristretti in cui si collocano gli interventi della legge di bilancio, le risorse destinate alla sanità sono certamente rilevanti. Esse non sono tuttavia sufficienti ad invertire il profilo riflessivo già disegnato nel quadro tendenziale. La riduzione in termini di prodotto rimane evidente anche se l’attenzione per questo settore di spesa è testimoniato dalla seppur limitata crescita del rapporto con il totale della spesa corrente primaria. Il settore sanitario, come altri del complesso sistema di welfare, sta conoscendo il peso di una crescita dei prezzi ben superiore all’aumento delle risorse disponibili. Su questo fronte la manovra ripropone lo schema degli ultimi esercizi, prevedendo un incremento di risorse per affrontare i fabbisogni più urgenti: quest’anno il rinnovo dei contratti a fronte della forte crescita inflattiva (lo scorso anno la crescita dei costi energetici), interventi temporanei mirati a tamponare criticità sempre più evidenti (liste d’attesa e difficoltà dei pronto soccorsi) e misure che puntano a rispondere alle richieste di importanti soggetti del mondo sanitario (aziende farmaceutiche e farmacie, ma lasciando fuori il comparto dei dispositivi medici). Limitati spazi sono riservati alla revisione dei LEA e al rafforzamento delle risorse destinate alla riforma dell’assistenza territoriale. I vincoli che si porranno in futuro sul fronte della spesa portano a guardare con preoccupazione al rinvio nell’individuazione di soluzioni più strutturali ai problemi del nostro sistema sanitario.

Di Remo12

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