La Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), dedicata alla salute, rischia di trasformarsi in un clamoroso spreco di risorse, lasciando dietro di sé un retrogusto amaro di promesse mancate e opportunità perse. Un progetto ambizioso, nato per rivoluzionare la sanità territoriale e rendere l’assistenza più vicina ai cittadini, potrebbe invece produrre poco più di una mano di vernice su strutture esistenti, senza un reale cambiamento.
Strutture territoriali: il rischio di un cambio di nome senza sostanza
Le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità, pilastri dichiarati della riforma, rischiano di non rappresentare nulla di più che un rebranding delle attuali strutture sanitarie territoriali. Molte di queste esistono già, seppur con nomi diversi, ma restano in condizioni precarie, lontane dall’essere punti di riferimento per un’assistenza moderna ed efficiente.
Il problema non è solo estetico: la mancanza di risorse umane adeguate all’interno di queste strutture rischia di renderle vuoti gusci. Mancano infermieri, medici, personale tecnico e amministrativo. Senza queste figure, nessuna infrastruttura, per quanto moderna e tecnologica, può funzionare.
Un mosaico frammentato: le Regioni vanno per conto proprio
Uno dei punti più critici è la mancanza di una governance uniforme. Ogni Regione sta interpretando la riforma a modo suo, con risultati spesso incoerenti e scollegati da una visione nazionale. Il rischio è di vedere fiorire strutture diverse, con standard e servizi che variano notevolmente da una zona all’altra, creando disuguaglianze che il PNRR avrebbe dovuto colmare, non accentuare.
La sensazione è quella di trovarsi di fronte a una riforma labile, senza una guida forte che ne definisca i contorni e gli obiettivi. Il governo centrale sembra incapace di imporre un modello chiaro e ambizioso, lasciando le Regioni libere di procedere in ordine sparso.
Il pericolo delle “cattedrali nel deserto”
Il termine “cattedrali nel deserto” non è nuovo, ma descrive perfettamente il rischio che stiamo correndo. Strutture moderne, tecnologicamente avanzate, costruite in fretta per rispettare le scadenze del PNRR, ma vuote di contenuto: senza personale, senza processi chiari, senza un piano per integrare la rete territoriale con gli ospedali e i servizi di emergenza.
Le Case di Comunità rischiano di diventare ambulatori di base con una targa diversa sulla porta. Gli Ospedali di Comunità potrebbero restare sottoutilizzati, mentre le lunghe liste d’attesa e il sovraffollamento dei pronto soccorso continueranno a rappresentare l’unico volto della sanità per molti cittadini.
Cosa fare per evitare il fallimento
Non è troppo tardi per cambiare rotta, ma servono decisioni coraggiose:
- Pianificazione nazionale: Serve una guida forte e una governance centrale che definisca standard uniformi per tutte le Regioni.
- Investimenti sul personale: Non basta costruire strutture; bisogna formare, reclutare e valorizzare il personale sanitario.
- Monitoraggio rigoroso: Ogni euro speso deve essere tracciato e verificato, per garantire che non finisca disperso in progetti di facciata.
- Coinvolgimento degli operatori: Chi lavora ogni giorno nella sanità deve avere voce in capitolo per definire le priorità e le soluzioni operative.
Una riforma che merita di più
Il PNRR Missione 6 rappresenta un’opportunità unica per cambiare davvero la sanità italiana. Non possiamo permettere che diventi l’ennesimo capitolo di sprechi e delusioni. Serve coraggio, visione e determinazione per trasformare le promesse in realtà, per far sì che queste strutture non siano cattedrali nel deserto, ma fari di speranza per milioni di italiani.
Questa riforma deve essere ricordata come il momento in cui la sanità italiana ha rialzato la testa, non come un’occasione mancata.